Madonna col Bambino in gloria e i santi Sebastiano, Girolamo, Giovanni Battista, Pietro Eremita e Rocco
La pala proviene dalla chiesa della Confraternita di San Sebastiano a Correggio, che, dedicata alla Beata Maria Vergine e ai santi Sebastiano, Rocco, Girolamo e Paolo Eremita, venne costituita, su istanza di Niccolò, Borso e Giberto da Correggio, dal luogotenente del cardinal legato Cesare Nacci nel 1502. Si riteneva infatti che la Vergine e i suddetti santi avessero preservato la città e il territorio di Correggio dalla peste. Il dipinto fu eseguito per disposizione testamentaria del correggese Quirino Merli, sodale della Confraternita di San Sebastiano. Secondo il testamento infatti l’erede del Merli, il figlio Girolamo, fu aggravato dell’esecuzione di una tavola “in qua pingere faciat imaginem beatae semper Virginis Mariae cum D.N. Jesu Christo eius filio, ac etiam imagines sancti Sebastiani, sancti Rochi a manu sinistra, et saneti Io. Baptistae a manu dextra”. Per la detta tavola la spesa doveva essere di “seutorum quinquaginta et non minus” e l’esecuzione doveva essere effettuata “per perituni et excellentem pietorem habentem bonam famani et nomen in arte pieturae”. La collocazione della pala sull’altare maggiore della chiesa di San Sebastiano (eretta sulla piazza di Correggio nel 1591 e inaugurata nel 1593) doveva svolgersi nel termine di un anno dalla morte del testatore (rogito di Giulio Carisi in data 24 dicembre 1591, in ANC, filza 2, n. 214). Evidentemente le precise indicazioni del Merli non furono scrupolosamente rispettate: infatti dopo la sua morte, avvenuta il 26 febbraio 1600 (APSQ, Libro dei Morti 1592-1630), forse per interessamento e convenienza dei confratelli di San Sebastiano, nell’esecuzione del quadro furono aggiunte anche le figure degli altri titolari della Confraternita: san Girolamo e san Paolo Eremita. Se la presenza di san Giovanni Battista si giustifica come devozione particolare dì Quirino Merli (che lo invoca nell’ora della morte nel testamento citato), l’inserimento di san Paolo Eremita si potrebbe ricondurre alla presenza degli Agostiniani a Correggio nel XV e all’inizio del XVI secolo. Non sappiamo per quali vie l’esecutore testamentario giungesse al Galanino, che comunque terminò l’opera nel 1607 apponendovi firma e data (Baldassar Aloisi Bononien. MDCVII). Il quadro fu collocato sul predetto altare entro un’ancona eseguita, secondo una tradizione locale, nel 1618. Dopo la soppressione della Confraternita, avvenuta nel 1798, e la conseguente vendita della chiesa e degli arredi (nel 1812), anche il dipinto del Galanino e l’ancona che lo conteneva subirono la stessa sorte. Se però il primo vi ritornò quando la Confraternita venne di nuovo eretta (1826), la seconda restò collocata sul quarto altare a sinistra nella chiesa di San Quirino a Correggio, dove è stata recentemente identificata durante lavori di restauro (era stata ridipinta ed adattata a contenere un mediocre lavoro di Paolo Gianotti, pittore locale del XVII secolo). L’ancona ritrovata è di legno dorato con colonne doriche laterali decorate a racemi su fondo azzurro; sui basamenti delle colonne compaiono due iscrizioni che ricordano l’istituzione della Confraternita e l’origine della pala dell’altare: a sinistra NICOLAUS BOR / SIUS ET GIBERTUS / CORRIGII DOMINI / FRATERNITATEM EX / VOTO INSTITUERE /AN. SAL. MDII; a destra QUIRINI MERLII/HANCTABULAM/ PIO LEGATO E / RECTAM CON/FRATRES EXORNARUNT / AN. SAL. MDXCVL La tela è una delle rare opere superstiti di Baldassare Aloisi, detto il Galanino, la cui madre, Elena Zenzanini, era cugina di Agostino e Annibale Carracci, nonché delle loro sorelle Elisabetta e Giulia, assieme alle quali sposò lo stesso giorno (20 aprile 1572) e nella stessa chiesa. Della stretta parentela e dell’apprendistato artistico dell’Aloisi, svoltosi per intero nella bottega dei Carracci, è testimone il ritratto a sanguigna del Galanino, eseguito da Annibale e conservato al Kupferstichkabinett di Berlino. Mentre la Madonna appare appoggiata sulle nubi in una sorta di torsione che fa scivolare nel vuoto la gamba destra, nella parte inferiore del quadro la luce, proveniente da sinistra, fa emergere in primo piano le figure di Sebastiano, Giovanni Battista e Rocco, relegando in penombra Girolamo e Paolo Eremita. Ogni santo è accompagnato dal proprio simbolo iconografico, in una specie di esplicazione didattica dal sapore un po’ arcaizzante: la freccia per Sebastiano, il cappello cardinalizio per Girolamo, l’agnello per Giovanni Battista, il corvo per Paolo, il cane, che mansuetamente guarda verso lo spettatore, per Rocco. Alessandro Brogi (1986) sottolinea le differenze rispetto alla precedente paletta del 1602 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) “che combinava in delicato equilibrio suggestioni ludovichiane, stemperate in una tavolozza assai schiarita, con le cure di una dolce elezione formale desunta da Annibale”. La grande pala correggese, che del quadro bolognese ripropone sostanzialmente la tipologia del viso del Bambino, oltre che qualche ricordo della figura di Giovanni Battista, inginocchiato in controparte, si caratterizza per una ricerca di monumentalità, non disgiunta da una sorta di severo patetismo, in sintonia con le coeve creazioni ludovichiane. Il prototipo del san Sebastiano, per quanto concerne l’atteggiamento del corpo e lo scorcio del volto, è rintracciabile nel quadro di analogo soggetto di Annibale Carracci ora nella Galleria Pietro Corsini di New York, dal quale pare derivare anche il San Sebastiano di Ludovico alla Galleria Doria di Roma, mentre per quel che riguarda la posizione delle braccia, legate al di sopra della testa con i polsi incrociati, è da supporre una derivazione dalla paletta del Pordenone raffigurante i Santi Sebastiano, Rocco e Caterina (Venezia, chiesa di San Giovanni Elimosinaro). Il san Rocco sulla destra rivela forti analogie con la tempera di analogo soggetto (Bologna, Pinacoteca Nazionale) dipinta da Ludovico fra il 1602 e il 1605 e, secondo il Malvasia, servita come modello al Galanino per trarne un dipinto destinato alla Confraternita di San Rocco a Venezia (C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna, Bologna 1686, p. 134). Monique de Savignac (1987) ha collegato cronologicamente la pala correggese, dipinta alla vigilia della definitiva partenza del pittore per Roma, al quadro del Galanino raffigurante La Madonna che aiuta Cristo a sostenere la Croce, recentemente rinvenuto nella chiesa di St. Sulpice a Parigi, mettendo in evidenza le analogie tra le due opere nel trattamento delle mani e delle pieghe delle stoffe, nonché la stretta somiglianza tra il volto di san Rocco e quello di Cristo nella tela parigina. [GPL – VP]
Bibliografia: Pungileoni 1821, p. 217; Campori 1855, p. 12; Ciaccio 1907, p. 330; Bertolini 1930, p. 48; Finzi 1949, p. 48; Galetti-Camesasca 1950, 1, p. 41; Buscaroli 1960, p. 517; Finzi 1968, p. 144; Ghidini 1976, p. 79, tav. 58; Brogi 1986, pp. 150-151, tav. 64; de Savignac 1987, pp. 38-41; Benati 1989, pp. 612-613; Bentini 1994, pp. 246-247; Mazza 1994, p. 326.