Galleria del Cinquecento
Dopo la morte del Correggio, la sua città natale, come del resto l’Emilia tutta, non pare cogliere le suggestioni immediate dello stile e delle opere del grande Maestro, scomparso senza lasciare nessun allievo diretto (fatta eccezione per Giovanni Giarola, nativo di Fosdondo di Correggio). Ciò, tuttavia, non significò un appiattimento culturale, ma una stagione artistica ancora vivace.
Ne sono testimonianza le opere esposte nella galleria, a cominciare dalla “Madonna col Bambino San Giovannino” (Fondazione Il Correggio) di Pomponio Allegri, figlio del Correggio (1521 – 1593), che arricchisce l’assai scarno corpus di questo pittore, cui i contemporanei rivolseo lodevoli apprezzamenti.
Se l'”Ecce Homo“, copia di bottega della tavola analoga (databile fra il 1540 e il 1545) ma di dimensioni inferiori, di Alessandro Bonvicino detto Moretto da Brescia (1498 – 1554), lascia intravedere un probabile contatto con l’ambiente bresciano, realizzato grazie alla presenza a Correggio di Veronica Gambara; con l’opera “San Giovanni Evangelista e un angelo” di Fermo Ghisoni (1505 – 1575) invece si conferma la continuazione di interessi verso Mantova, quale polo di attrazione ancor più di Modena o Reggio Emilia. La tela, replica con variante di un’opera comissionata al Ghisoni nel 1552, si propone, per l’equilibrio della composizione e i caratteri formali, come una delle opere più significative dell’autore.
A Modena invece rimanda la “Sacra Famiglia” da assegnare alla cerchia di Bartolomeo Schedoni (1578 – 1615), soggetto assai in voga in quei tempi e del quale ci sono giunti numerosi esempi, a testimonianza dell’ esistenza di un vasto mercato a carattere popolare che richiedeva queste piccole e delicate raffigurazioni.
Della temperatura artistica di Correggio nell’ultimo scorcio del XVI secolo sono testimonianze pregnanti le tele di Francesco Madonnina (attivo nel 1578 – 1589), un pittore che per lungo tempo è stato definito un “nome senza quadri” e che solo nel 1972 è stato possibile ancorare ad un’opera certa: la grande pala della “Madonna del Rosario col Bambino, angeli e i Santi Misteri” (esposta nella Sala del Seicento), impostata su criteri di severa simmetria compositiva, proveniente dalla chiesa di San Giuseppe Calasanzio. Di Madonnina sono anche altre due opere: un “San Pietro Martire” e un “San Michele Arcangelo sconfigge il demonio“, che consentono di cogliere i caratteri peculiari della pittura medio padana del tardo Cinquecento in cui Antonio Allegri si rivela ancora componente primaria.
All’area veneta, in particolare a Polidoro da Lanciano (Sgarbi), riconduce invece il “Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria“. La tavola deriva da una composizione di Tiziano nota in varie versioni , ma propone, rispetto ad altri esemplari simili, maggiore rigidità compositiva e una considerevole attenuazione dell’originario colorismo tizianesco.
Ponte ideale fra Cinquecento e Seicento sono due opere che si collocano, come realizzazione , negli anni immediatamente a cavallo fra i due secoli. Si tratta di due ritratti del correggese Girolamo Bernieri, il primo a mosaico ed il secondo a olio. Dobbiamo al grande maestro mosaicista veneziano Arminio Zuccato il ritratto musivo di Girolamo Bernieri, il cui cartonista deve essere ricercato nell’ambito del Tintoretto o dei Bassano, eseguito probabilmete dopo la visita che il cardinale fece in San Marco nel 1598. L’opera, di grande finezza esecutiva (le tessere utilizzate sono di ridottissime dimensioni) e di sottile introspezione psicologica, è dedicata a Francesco Cuccina. E’ di proprietà del Convitto Nazionale “R. Corso” di Correggio , che l’ha concesso in comodato a scopo espositivo.
Ideale complemento del ritratto a mosaico è quello a olio, già ritenuto copia da un originale antico e riconosciuto da Angelo Mazza come opera autografa di Lavinia Fontana (1552 – 1614), celebre pittrice bolognese che fu particolarmente apprezzata dal cardinale Bernieri, che le commissionò diverse opere, fra cui la Visione di San Giacinto in Santa Sabina A Roma.
Completano la galleria quattro ritratti di esponenti della famiglia dei da Correggio: il cardinale Girolamo, il conte Camillo e il principe Giovanni Siro (da giovane e in età adulta). Camillo è rappresentato in armatura, insignito della medaglia di Lepanto, mentre Giovanni Siro primo e ultimo Principe di Correggio, viene effigiato a mezzo busto rispettivamente in età giovanile e adulta. La modestia della qualità lascia supporre che si tratti di repliche, forse di artigiani locali, da originali più antichi di migliore qualità.
All’interno della galleria trova collocazione anche la raccolta di monete della Collezione Lusuardi di Correggio, che comprende più di ottanta pezzi coniati nella zecca cittadina. La zecca, concessa dall’Imperatore Ferdinando I a Gerolamo, Giberto, Camillo e Fabrizio da Correggio nel 1559, fu effettivamente aperta un decennio più tardi, nel 1569, e fu attiva per circa un sessantennio, durante il quale furono coniate decine di diversi tipi di monete (in oro, argento, mistura e rame), spesso anche di prestigio estetico e buona qualità complessiva.
Ultimo aggiornamento
25 Ottobre 2022, 14:40