Callani Gaetano
Parma, 1736 - Parma, 1809
Figlio di Gaetano e di Maria Franzoni, nacque a Parma il 16 genn. 1736 quando il padre era già morto. Una trascrizione di documenti e di una biografia di questo pittore e scultore, comparsa, a firma M. C. (C. Malaspina), in Il Facchino, I, (1839), n. 38, pp. 277 s., si trova nello Scarabelli – Zunti (Documenti e memorie). Egli ebbe come tutore lo zio paterno Domenico Callani (Parma 3 maggio 1705-ivi 1785; è detto scultore in un medaglione-ritratto in marmo, a due colori, opera del C., oggi nel vestibolo dell’Accademia parmense), e a primo maestro l’abate G. Peroni, il quale avrebbe lasciato che il C., almeno per la scultura, guardasse all’arte classica abbandonando la “barocca maniera” dell’epoca, alla quale “non sapeva persuadersi” (Janelli, p. 306). Già nel 1755 eseguì per S. Andrea a Parma un dipinto con Il Trionfo della Religione (oggi nella chiesa di S. Pietro) dove già appare la sua preferenza per le composizioni affollate, gli scorci e gli effetti prospettici insieme con una certa capacità di disegno e una ricerca di eleganza che corrispondevano al gusto dell’epoca. Nel 1761, con un disegno di MuzioScevola (Parma, Gall. naz.), vinse un premio di composizione presso l’Accademia di Belle Arti.
Nell’Assunzione per la chiesa di S. Bartolomeo l’energia espressiva è stemperata in un generale addolcimento di forme scolorite dall’ammirazione per il Cignaroli, del quale era da poco giunto a Parma un quadro; nella stessa chiesa si trova una statua in stucco di S. Francesco da Paola. Del 1765 sono le otto statue in gesso delle Beatitudini, tuttora nella chiesa di S. Antonio Abate (due illustrate in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, p. 603), due delle quali sarebbero state disegnate dal Peroni (Baistrocchi, p. 20).
L’ammirazione del Mengs per la grazia contegnosa di queste statue sarebbe stata all’origine, nel 1774, dell’incontro tra i due. Il Mengs, infatti, non voleva credere che il C. “non aveva ancora oltrepassato i confini della sua città”; anche il Piermarini avrebbe invitato il C. a Milano proprio per aver apprezzato queste statue (Scarabelli – Zunti, Documenti…).
Del 1768 è il quadro con il Bambino Gesù adorato dai ss. Antonio da Padova, Antonio Abate, Filippo Neri e Maddalena, nella prima cappella a sinistra della parrocchiale di S. Giovanni Battista a Bianconese. L’anno dopo, per l’Annunziata di Parma, il C. terminò tre statue in gesso delle quali restano oggi il Profeta Isaia (firmato) e il S. Giovanni Battista (questo nella chiesa di S. Giuseppe), mentre l’Immacolata fu rubata nel secolo scorso.
Nel 1772, in occasione della beatificazione di Paolo Burali, il vescovo di Piacenza, Alessandro Pisani, fece affrescare la cappella del braccio destro del transetto della cattedrale di Piacenza dedicata ai santi vescovi piacentini: il C. collaborò con A. Brianti “animando gli ornati con due Virtù e un gruppo di angeli andati perduti” (Arisi); dipinse inoltre il Beato Burali tra i santi vescovi, oggi sopra la porta d’ingresso del braccio sinistro del transetto, il cui bozzetto è conservato nella sacrestia inferiore. L’anno dopo firmò “C. scultore” il quadro con S. Eligio che fa l’elemosina ai poveri, in S. Pietro a Parma, dove la sobria compostezza delle figure, l’attenzione minuziosa ai particolari decorativi, il colore brillante fanno pensare al Bedoli.
Dal 1774 il C. fu a Milano, a decorare il salone (finito nel 1776) disegnato dal Piermarini, del “Regio ducal palazzo” (palazzo reale) che, per le quaranta figure maschili e femminili alternate a sostegno della balconata che gira intorno alle pareti, fu appunto detta “sala delle Cariatidi” (quasi distrutta dai bombardamenti dell’ultima guerra: si vedano riproduzioni in G. C. Bascapé, Il Regio ducal palazzo…, Milano 1970, pp. 67, 106 s., 112, 118 e tav. non num.). Con questa opera il C. “porta a Milano il gusto neoclassico nella preziosa interpretazione parmense-francese, specie negli interni, e realizza quella cooperazione tra architetti, decoratori e pittori che… sarà un carattere peculiare del neoclassicismo lombardo” (S. Samek Ludovici, in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, p. 601). è ancora da scoprire l’attività del C. a Milano: irreperibile una “scultura colossale”, Cleopatra con l’aspide (a mezzo busto), che il C. avrebbe fatto “si crede per un ministro della Regina d’Ungheria” (Scarabelli Zunti, Docum. …).
Nel 1775 l’Appiani, insieme con il Piermarini, aveva fatto il nome del C. quale professore di scultura per la nuova Accademia di Brera, ma il C. rinunziò “dopo alcuni mesi” (cfr. Storia di Milano, XIII, p. 546 nota). Il 15 maggio 1788 il C., già “direttore con voto della Reale Accademia di Parma” fu aggregato a pieni voti, come accademico d’onore, alla Clementina di Bologna (Bologna, Accad. di Belle Arti, Atti, ad annum, p. 269), e l’11 sett. 1794 riceverà da Ferdinando III, granduca di Toscana, il diploma di accademico professore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Da Milano il C. avrebbe fatto assieme al cognato, il pittore ornatista Agostino Gerli un l ungo viaggio, soggiornando pure a lungo a Roma dove probabilmente eseguì il S. Giacomo per una chiesa di Arpino.
Il suo stile pittorico, dopo questo viaggio, non subì modificazioni apparenti: rimase piacevolmente elegante, freddo e costruito, attento al particolare ornamentale, con una predilezione per tinte schiarite e con frequenti citazioni dal Parmigianino e dal Correggio. Tornato a Parma, vi si stabilì, aprendo uno studio di pittura e scultura molto frequentato, e insegnando all’Accademia.
Tra le opere di pittura oggi reperibili ricordiamo: S. Antonio da Padova che riceve Gesù Bambino da s. Giuseppe (1781), nella parrocchiale di S. Lazzaro a Piacenza (Buttafuoco, p. 243), mentre nel seminario della stessa città è conservato il Sacro Cuore che appare a s. Alessandro, già nella chiesa omonima (ibid., p. 81); un ritratto del Cappuccino A. Turchi nel vescovado di Parma, un S. Lorenzo da Brindisi (1782-83, nella Gall. nazionale di Parma), accademico e convenzionale come i Beati Nicola Longobardi e Gaspare de Bono della stessa galleria.
Il C. lavorò anche a Colorno probabilmente nel palazzo ducale e soprattutto nella chiesa di S. Liborio, eseguendo il quadro dell’altar maggiore con S. Liborio che predica, lodato anche dal Mengs per lo spicco delle figure (Scarabelli Zunti, Doc. …) e, nel 1796, un quadro per coprire la nicchia della Vergine con Quattro angeli portanti il nome di Maria e sedici quadretti ovali con i Misteri del Rosario; per questi lavori, a causa della morte del duca, non gli venne pagato il compenso pattuito e nel 1802 il C. ne faceva ancora richiesta (ibid.). Per Parma dipinse anche un Gesù che istituisce l’Eucarestia (S. Rocco), e il lodatissimo quadro con l’Incontro di s. Francesco da Paola e Luigi XI (1799) per la chiesa di S. Francesco da Paola (dopo il 1821 in S. Vitale). Anche qui i modi un po’ freddi del C. si compongono in figure compassate e in colori attenuati. È del 1800 la Madonna che copre Gesù addormentato (Scarabelli Zunti, Memorie…), per Ludovico di Borbone. Una grande Deposizione (oggi all’Accademia di Parma, con il relativo bozzetto), eseguita con sfoggio di erudizione, nella scelta degli ornamenti degli astanti, e di scienza anatomica, è una delle sue ultime opere.
Secondo il Buttafuoco (p. 263), nel 1804, in occasione del viaggio del papa in Francia, venne commissionato al C. un Ritratto di Pio VII oggi disperso e un grande quadro celebrativo della Famiglia Scotti ricevuta dal papa (il figlio del C., Francesco, si recò dal papa per studiare i soggetti che il padre tradusse nel dipinto, oggi disperso).
Nel 1777, il C. aveva sposato Angela Gerli, sorella di Agostino; dei loro figli furono artisti Maria e Francesco. Morì a Parma il 6 nov. 1809.
[dalla voce di Paola Lavagetto Ceschi in “Dizionario Biografico degli Italiani”, 16, Roma 1973 [edizione on-line]