Decorazione della Sala del Camino
Il soffitto a cassettoni
Ambiente di maggior prestigio del piano nobile di Palazzo dei Principi, la Sala del Camino, così detta per l’imponente camino della parete occidentale, è nota anche come “Sala Magna” o “Sala del soffitto a cassettoni”, per il solenne soffitto cassettonato, suddiviso in dodici grandi lacunari, di cui undici quadrati e uno, adiacente la cappa del camino, rettangolare e assai più piccolo.
La tipologia dell’impianto ne suggerisce un modello culturale assai vicino all’area ferrarese, sia per dimensione dei lacunari che per tipologia delle fasce dipinte sulle travi, che rivelano forti analogie con il motivo delle nervature del soffitto del ferrarese Palazzo Trotti, seppure queste ultime siano posteriori di alcuni anni.
Ogni cassettone è ornato da rosoni di legno dorato posti al centro e da rosette più piccole agli angoli, come pure le travi che delineano l’orditura del soffitto, decorate con carta incollata su legno e dipinta. La decorazione pittorica è a motivi vegetali sulle travi e sulle cornici, mentre le zone intorno ai rosoni presentano grottesche che comprendono, alternativamente e secondo una precisa disposizione a scacchiera, vasi con busti femminili e soggetti mitologici (sfingi oppure mostri maschili e uccelli ad ali aperte).
Il fregio
Immediatamente al di sotto del soffittosi può ammirare un fregio affrescato, scandito da raffigurazioni assai complesse.
Figure mitologiche (Nettuno con il tridente) e fantastiche (draghi, tritoni, mostri alati e dalle lunghissime code che terminano in volti maschili e femminili, animali dalle sembianze umane, sirene, satiri, effigi mostruose) si susseguono alternandosi le une alle altre.
Le sirene usano rari strumenti musicali (viola da braccio, liuto, tromba marina, corno singolo e doppio, tromba ricurva).
Al centro della parete est campeggia lo stemma di Francesca di Brandeburgo, mentre nella parete nord, da uno dei recipienti pendono due tabelle: sulla prima appare la data 1508 in numeri romani (caratteristica la scelta operata per indicare il numero, cioè IIIIIIII, anzichè la ben più consueta forma VIII), sull’altra l’iscrizione SPQR.
Sulla parete opposta sono affrescate altre due tabelle: su una è riportata l’epigrafe Q.C.N., che è stata letta come “Qui contra nos?“, (Chi contro di noi?), sull’altra compaiono cinque misteriose sigle di assai incerta interpretazione che sembrano unire lettere ebraiche e lettere gotiche.
Tra quanti si sono impegnati nel tentativo di decifrare queste sigle è da ricordare il celeberrimo Cardinale Mezzofanti, che vi leggeva addirittura “E’ lavoro di Antonio Allegri”.
Numerosi sono stati i tentativi di attribuzione della decorazione del soffitto e del fregio. Di volta in volta sono stati proposti i nomi di Cesare Cesariano, Giovanni del Sega (allievo di Melozzo da Forlì, attivo agli inizi del Cinquecento nella vicina Carpi), Jacopo Ripanda, Amico Aspertini, Lorenzo Costa, Leonbruno o un ignoto artista della scuola ferrarese.
Ad ogni buon conto, chiunque siano, gli autori del soffitto e del fregio dimostrano una sapienza decorativa di altissima qualità, tale da collocarli ai livelli più alti della pittura decorativa e di grottesche del primo Cinquecento emiliano.
Per il soffitto ha scritto Jadranka Bentini:” … se non proprio l’influsso diretto del Garofalo … è comunque alla cultura ferrareseche occorre addebitare la decorazione delle cassettonature, elegantissima e serrata nei motivi zoomorfi e fitomorfi presenti in accezioni diverse nelle opere su tavola degli stessi pittoridi Ercole I, dal Maineri al Panetti, al Mozzolino”.
Ultimo aggiornamento
2 Agosto 2022, 18:50