San Giovanni Evangelista e un Angelo
L’opera fu pubblicata da Riccardo Finzi (1949 e 1968) come “quadro d’ispirazione carraccesca” con il titolo di San Girolamo. Sfuggi all’erudito correggese la presenza dell’aquila (simbolo iconografico dell’Evangelista), e inoltre il volto di vecchio con la barba bianca, il torso seminudo, l’atteggiamento di scrivente, indussero all’identificazione con il santo dalmata. La tela fu assegnata a Fermo Ghisoni, su suggerimento di Alfonso Garuti, da Renato Berzaghi (1981 e 1988), con il corretto riconoscimento del santo raffigurato. Si tratta in effetti di una replica con varianti del San Giovanni Evangelista con l’angelo commissionato al Ghisoni nel 1552 e conservato nel duomo di Mantova. Rispetto alla tela mantovana, nel quadro correggese le differenze riguardano l’età molto più avanzata del protagonista (che a Mantova è giovane e senza barba), il busto più scoperto, la diversa collocazione delle mani sulle pagine del libro e le proporzioni dell’angelo, raffigurato ingrandito e con la testa più sollevata. Si possono in parte applicare al dipinto di Correggio le parole che Pietro Tirloni dedica a quello di Mantova: “Il San Giovanni poco indulge all’ostentazione, nella ricerca di un’atmosfera più intima e di un’interpretazione più sofferta. Il braccio dello scrivente, disteso attraverso il quadro, si sarebbe prestato a una citazione michelangiolesca, invece si allunga sottile e languido, consumato dall’ombra” (P. Tirloni, Fenino Ghisoni, in I pittori bergamaschi. Il Cinquecento, tomo 2, Bergamo 1976, p. 157). L’ingrandimento dell’angelo e la sua migliore articolazione nei confronti della figura dell’Evangelista, permettono al Ghisoni di ovviare a quello che, secondo Tirloni, era il punto debole del quadro di Mantova, e cioè l’angelo stesso “piccolo, posticcio e stentato”. Il quadro correggese può ben inserirsi fra i migliori esempi di quel modello iconografico, raffigurante un santo scrivente che ruota all’indietro la testa ad ascoltare l’angelo che suggerisce la parola divina e insieme indica il cielo, che nella valle del Po troverà il suo capolavoro nel San Matteo con l’angelo di Vincenzo Campi (Pavia, chiesa di San Francesco Maggiore). L’equilibrio fra profondità dei chiaroscuri e precisione dei contorni, nonché l’intensa caratterizzazione del volto del santo, permettono di considerare il San Giovanni di Correggio forse l’opera più significativa del Ghisoni, ancora nella scia dell’influenza di quel Giulio Romano di cui il pittore caravaggino era stato, nelle imprese mantovane, uno dei principali collaboratori. [GPL].
Bibliografia: Finzi 1949, p. 51 Finzi 1968, p. 139, tav. 101; Berzaghi 1981, p. 308, nota 41; Berzaghi 1988, pp. 6-7, tav. 7; Tanzi 1989, p. 142.