Loschi: Correggio, il cavalier, l’arte, gli amori

L’artista racconta la sua mostra "no(made)" aperta a Palazzo Principi fino al 30 giugno

L’artista racconta la sua mostra “no(made)” aperta a Palazzo Principi fino al 30 giugno

No(made). Come nomade, nel senso di non vincolato ad alcun luogo, anche se le opere esposte in questa mostra sono legate a Correggio. Ma anche no-made, come “non fatto a”, perché se è vero che tante delle opere in mostra sono state concepite a Correggio, hanno poi trovato realizzazione in momenti seguenti, in tutt’altro contesto. Eppure, il legame con Correggio di Fabrizio Loschi e della sua arte è fortissimo. Da Tavernelli a Tondelli, dalle amicizie che restano agli stimoli artistici, la Beverly Hills di Reggio Emilia continua ad essere un luogo di grande stimolo per il pittore e scultore Fabrizio Loschi, che sarà presente nel weekend per visite guidate alla sua mostra “no(made)” in esposizione fino al 30 giugno a Palazzo Principi.

“Pur non essendo correggese –  racconta Fabrizio Loschi – ho lasciato lì un bel pezzo di cuore. Il titolo si legge ‘no(made)’ perché sa del non fatto, perché a Correggio non sono stato fatto, sono arrivato. Mi piaceva sottolineare il non fatto in loco, dare con il titolo con una lettura critica a questa cosa imbarazzante in cui bisogna qualificarsi e categorizzarsi. Ma si legge anche ‘nomade’ perché mi sento a casa ovunque: a Correggio, ma anche a Modena, sulla collina bolognese, sono a mio agio sia ad Aosta sia a Lecce. Quindi sono anche nomade: sono modenese, ho abitato tanti anni a Barcellona, ho girato tutta Italia. In più, l’arte è un principio nomade, non conta dov’è stata fatta, ma solo cos’è e chi la cura. Questa mostra, ad esempio, è molto lontana dall’essere commerciale, perché i pezzi esposti vengono quasi tutti da collezioni private, sono pochissimi quelli che posso vendere direttamente io. Si tratta di pezzi fatti allo studio Cristallo, un paio di piani sopra la casa di Tondelli. Ho conosciuto suo padre perché ha suonato al campanello e mi ha portato un piatto da riparare. Si trattava di un oggetto che la città di Rimini ha donato a Piervittorio dopo l’uscita del suo romanzo. Ho capito con chi stavo parlando solo quando ho visto la sua casa piena, di memorabilia di Tondelli. Gli anni passati a Correggio sono stati intensissimi: sono arrivato per amore e in quegli anni sono passati grandi galleristi, grandi architetti. Correggio era casa mia, un grande salotto nel quale invitare persone care e collaboratori. Questa mostra è un segno d’amore verso un luogo, ma nasce dall’incontro fortuito con Ilenia Malavasi: se non fosse venuta a visitare la mostra che stavo facendo a Bibbiano non avremmo fatto la mostra a Correggio. Lei mi ha messo in contatto con l’assessore Gabriele Tesauri con il quale siamo riusciti a realizzare la mostra attuale. Non credo al caso, ma se esiste è solo l’antipasto del destino”.

Cosa si devono aspettare i visitatori dalla mostra?

“Una mostra volutamente allestita disattivando i codici temporali. Non ho indicato gli anni di realizzazione, ho coscientemente omesso il dato temporale per lasciare al pubblico la possibilità di giocare con la propria testa, mi sono messo a disposizione per parlare e spiegare, che ha scatenato anche una specie di calciomercato tra i miei collezionisti, il che naturalmente mi lusinga”.

Come ci si approccia alla mostra?

“Con gli occhi puliti, che poi è il consiglio che do a chiunque, da addetto ai lavori. Bisognerebbe andare con la testa pulita, senza aspettarsi delle sensazioni precotte o scongelate, guardare con occhi nuovi. Ho portato volutamente in mostra delle opere che sono state iniziate a Correggio, ma finite anni dopo, fuse in fonderia in alluminio o in bronzo. Ma vorrei fare una proposta scandalosa agli organizzatori: una apertura serale e chiamarla ‘Mostrami’. Sei tu, spettatore, che vieni qua e mi racconti quello che vedi, le sensazioni che ti trasmette. Io sono quello che volevo narrare, perché l’arte è fatta di intuizioni che magari si materializzano anni dopo. Deve passare del tempo perché l’opera si riveli, spesso in modo silenziosamente anticipatorio. Si tratta di una provocazione che mi piacerebbe fare per raccogliere dei racconti brevi di persone che hanno visitato la mostra, per ricevere il loro racconto della mia opera. Quando l’opera d’arte tocca le nostre corde funziona, ma quanti quadri famosissimi ci lasciano indifferenti? Altre opere, magari meno celebrate, a volte ci toccano e ci stimolano una narrazione, un racconto nuovo. A me capita spesso: per questo cerco di andare nudo alle mostre, cerco di non raccogliere informazioni prima”.

Qual è il racconto ideale che vorrebbe sentirsi fare da un visitatore?

“Le cose che voglio sentirmi dire me le dico da solo. Perché conduco una vita solitaria e silenziosa e sono il grande interlocutore di me stesso. La mia arte è molto intima. Mi considero un poeta che invece di scrivere usa le immagini. Il mio è un lavoro delicato e sottile, una scelta fatta andando in nettissima controtendenza anni fa e dalla quale non sono mai più tornato indietro. Racconto per immagini, vivo in una triangolazione strettissima fatta tra scrittura, disegno e materia. Quello che voglio sentirmi dire me lo dico io tutti i giorni. Se tu arrivi davanti a un mio lavoro e mi racconti quello che il mio lavoro ti rimanda, si tratta di una nota introduttiva, per il resto la melodia te la scrivi da solo, formando il tuo gusto sulla nostra cultura. Perché se sei una persona ignorante ti piace tutto o ti fa schifo tutto. In questo tutto non hai capito niente, ed è l’unica vittoria che porti a casa. Vivo senza televisione, passo le mie serate ascoltando musica classica o elettronica, in questi silenzi polifonici suono tutta la tastiera della mia solitudine, voglio sentirmi dire qualcosa che ancora non ho sentito, qualcosa che ancora non mi sono raccontato io”.

Che Correggio hai ritrovato esponendo qui?

“In questa mostra espongo il risultato degli anni di Correggio, anni in cui ho messo a punto la mia grammatica, la mia personale cassa tipografica. I risultati correggesi mi hanno seguito negli ultimi 23 anni: non ho abbandonato quasi niente di quel periodo. La figura del cavaliere, ad esempio, nasce a Correggio: lo disegnai durante una telefonata, su un post it giallo piccolo. L’ho lasciato sul tavolino per giorni, osservandolo finché non mi ha trasmesso qualcosa. Poi, lavorandoci sopra, è emerso il primo cavaliere, quello esposto in mostra, che poi è rimasto a Correggio perché è di proprietà di un’amica carissima che vive qui. Quello di Correggio è stato veramente un periodo gravido di belli incontri e di belle pensate. C’è molto affetto immutato: non sono venuto a vivere qui perché c’è un mercato immobiliare incredibile, è la Beverly Hills reggiana. Non avrei potuto permettermelo!”


no(made) di Fabrizio Loschi
31 maggio | 30 giugno
Palazzo dei Principi | Gallerie Espositive
Inaugurazione venerdì 31 maggio, ore 18:00
Orari di apertura:
sabato dalle 15.30 alle 18:30
domenica e festivi dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30
dal lunedì al venerdì è richiesta la prenotazione telefonica o via mail
Per informazioni: Museo “Il Correggio”
0522 691806 | museo@comune.correggio.re.it

Ultimo aggiornamento

30 Luglio 2024, 18:09